Oneri detraibili nelle dichiarazioni 2017: le spese di istruzione

Regole e modalità operative per il corretto adempimento fiscale

26 MAGGIO 2017

L’art. 15, comma 1, lettera e) del TUIR riconosce una detrazione dall’imposta lorda pari al 19% per le spese di istruzione. La Legge di Bilancio 2017 (Legge n. 232/2016) ha modificato il tetto massimo di spesa annua su cui calcolare la detrazione stabilendo una spesa annua per ciascun alunno o studente per un importo pari a 564 euro per l’anno 2016, 717 euro per l’anno 2017, 786 per l’anno 2018, 800 euro per l’anno 2019. Relativamente all’anno 2016, quindi, l’importo massimo detraibile da indicare nel quadro E rigo E8-E10 codice 12 passa da 400 euro a 564 euro. Nella presente circolare l’attenzione si è focalizzata sugli aspetti salienti della detrazione in commento, analizzando le tipologie di spese più diffuse alla luce sia dei diversi interventi legislativi sia dei relativi chiarimenti di prassi.

DICHIARAZIONI 2017 – SPESE DI ISTRUZIONE
Tipologia onere
La detrazione spetta in relazione alle spese per la frequenza di:
scuole dell’infanzia (scuole materne),
scuole primarie e scuole secondarie di primo grado (scuole elementari e medie),
scuole secondarie di secondo grado (scuola superiore),
sia statali sia paritarie private e degli enti locali.
La detrazione spetta anche in caso di iscrizione ai corsi istituiti in base all’ordinamento antecedente il D.P.R. n. 212 del 2005 presso i Conservatori di Musica e gli Istituti musicali pareggiati. I nuovi corsi di formazione istituiti ai sensi del citato D.P.R. n. 212 del 2005 possono, invece, considerarsi equiparabili alle spese sostenute per l’iscrizione ai corsi universitari (rigo E8/E10, codice 13).
Tra le spese ammesse alla detrazione rientrano, in quanto connesse alla frequenza scolastica, le tasse (a titolo di iscrizione e di frequenza) e i contributi obbligatori.
Vi rientrano, inoltre, i contributi volontari e le erogazioni liberali deliberati dagli istituti scolastici o dai loro organi e sostenuti per la frequenza scolastica. Tali contributi ed erogazioni, anche se versati volontariamente, in quanto deliberati dagli istituti scolastici, non rientrano tra quelli che costituiscono erogazioni liberali finalizzati all’innovazione tecnologica, all’edilizia scolastica e all’ampliamento dell’offerta formativa che danno diritto alla detrazione ai sensi dell’art. 15, comma 1, lett. i-octies) del TUIR (circolare 4 aprile 2017, n. 7). Si tratta, ad esempio, delle spese per:
la mensa scolastica (circolare 2 marzo 2016, n. 3/E, risposta 1.15) e per i servizi scolastici integrativi quali l’assistenza al pasto e il pre e post scuola (risoluzione 4 agosto 2016, n. 68/E). Per tali spese la detrazione spetta anche quando il servizio è reso per il tramite del Comune o di altri soggetti terzi  rispetto alla scuola e anche se non è stato deliberato dagli organi di istituto essendo tale servizio istituzionalmente previsto dall’ordinamento scolastico per tutti gli alunni delle scuole dell’infanzia e delle scuole primarie e secondarie di primo grado (circolare 6 maggio 2016, n. 18/E, risposta 2.1);
le gite scolastiche, per l’assicurazione della scuola e ogni altro contributo scolastico finalizzato all’ampliamento dell’offerta formativa deliberato dagli organi d’istituto (corsi di lingua, teatro, ecc., svolti anche al di fuori dell’orario scolastico e senza obbligo di frequenza). Se le spese sono pagate alla scuola, i soggetti che prestano l’assistenza fiscale non devono richiedere al contribuente la copia della delibera scolastica che ha disposto tali versamenti. La delibera va richiesta, invece, nel caso in cui la spesa per il servizio scolastico integrativo non sia sostenuta per il tramite della scuola, ma sia pagata a soggetti terzi (ad es: all’agenzia di viaggio) (circolare n. 7 del 2017).
Descrizione di alcune tipologie di spese annoverate tra quelle detraibili
Spese per la frequenza di scuole dell’infanzia, del primo ciclo di istruzione e della scuola secondaria di secondo grado del sistema nazionale di istruzione
Per le spese di istruzione sostenute per la frequenza di scuole dell’infanzia, del primo ciclo di istruzione e della scuola secondaria di secondo grado del sistema nazionale di istruzione (art. 1 della legge 10 marzo 2000, n. 62), la detrazione spetta per un importo annuo non superiore a 400 euro per alunno o studente. Questa detrazione non è cumulabile con quella prevista per le erogazioni liberali alle istituzioni scolastiche per l’ampliamento dell’offerta formativa che sono indicate con il codice 31.
Per effetto della Legge di Bilancio 2017  il tetto massimo di spesa annua su cui calcolare la detrazione è di euro 564 per l’anno 2016 per alunno o studente, da ripartire tra gli aventi diritto.
Spese per la frequenza di «master» universitari (C.M. n. 101/E, punto 8.2 del 19 maggio 2000)
Condizioni di detraibilità: i costi per la frequentazione di «master» danno diritto alla detrazione d’imposta, nei limiti del 19%, qualora, per durata e struttura dell’insegnamento, gli stessi siano assimilabili a corsi universitari o di specializzazione, e sempre che siano gestiti da istituti universitari, pubblici o privati. Per quanto riguarda i «master» gestiti da università private, la detrazione spetta per un importo non superiore a quello stabilito per tasse e contributi versati per le analoghe prestazioni rese da istituti statali italiani.
Spese per la frequenza a corsi universitari di specializzazione presso università statali o private
Per i corsi di specializzazione o per i master la detrazione spetta se gli stessi sono riconosciuti in base all’ordinamento universitario (vedasi anche C.M. 10 giugno 1993, n. 7/1106, p. 12.8). Di contro, i corsi di specializzazione o master non gestiti da università statali o private non danno diritto alla detrazione. Infatti, ai sensi della C.M. n. 101/E del 2000, i master universitari sono detraibili se, per durata e struttura dell’insegnamento, sono assimilabili a corsi universitari o di specializzazione e sempre che siano gestiti da università, pubbliche o private. Nel caso di università private, la detrazione spetta per un importo non superiore a quello stabilito per tasse e contributi versati per analoghe prestazioni rese da istituti statali italiani.
Spese per la frequenza di istituti o università stranieri
Per i corsi di studio tenuti presso sedi ubicate in regioni diverse rispetto a quella in cui l’Università ha la sede legale, ai fini della detrazione occorre fare riferimento all’area geografica in cui si svolge il corso. Nell’ipotesi in cui uno studente, nel medesimo periodo di imposta, a causa di un cambiamento di facoltà di studi o di corso di studio, si trovasse nella situazione di sostenere le spese presso università site in aree geografiche diverse o per corsi appartenenti ad aree tematiche diverse, il limite di spesa detraibile sarà il più alto tra quelli applicabili previsti dal D.M. 23 dicembre 2016, n. 993 . Nel caso in cui le spese siano sostenute per la frequenza di corsi istituiti sia presso università statali sia università non statali, la detrazione per le spese sostenute per la frequenza presso le università statali potrà essere calcolata sull’intero importo mentre quelle sostenute presso università non statali saranno ricondotte nei limiti previsti dal decreto MIUR (circolare n. 7 del 2017).
Detraibilit
In data 16 luglio 2015 è entrata in vigore la legge 13 luglio 2015, n. 107, recante la “riforma del sistema nazionale di istruzione e formazione e delega per il riordino delle disposizioni legislative vigenti”. La legge ha riformulato le disposizioni del TUIR riguardanti le detrazioni per le spese di istruzione ed in particolare ha modificato l’art. 15, comma 1, lettera e) ed ha inserito nel medesimo articolo 15 la nuova lettera e-bis).
A seguito di tali modifiche, la lettera e) – che precedentemente riguardava tutte le spese di istruzione detraibili – disciplina la sola detrazione delle spese di istruzione universitaria mentre la successiva lettera e-bis) disciplina la detrazione delle spese “per la frequenza di scuole dell’infanzia, del primo ciclo di istruzione e della scuola secondaria di secondo grado del sistema nazionale di istruzione di cui all’art. 1 della legge 10 marzo 2000, n. 62, e successive modificazioni, per un importo annuo non superiore a 400 euro (importo successivamente modificato) per alunno o studente. Per le erogazioni liberali alle istituzioni scolastiche per l’ampliamento dell’offerta formativa rimane fermo il beneficio di cui alla lettera i-octies), che non è cumulabile con quello di cui alla presente lettera”.
In base alla norma, dunque, la detrazione spetta per la frequenza di qualsiasi scuola, dall’infanzia alla secondaria, senza distinzioni e il limite trova applicazione anche per gli istituti privati.
Sul tema sono giunti i chiarimenti della circolare n. 3 del 2016. Detto documento di prassi evidenzia come l’art. 15, comma 1 , lettera i-octies), del TUIR dispone la detrazione del 19 per cento per le erogazioni liberali a favore degli istituti scolastici di ogni ordine e grado, statali e paritarie senza scopo di lucro appartenenti al sistema nazionale di istruzione di cui alla legge 10 marzo 2000, n. 62  e successive modificazioni, finalizzate all’innovazione tecnologica, all’edilizia scolastica e all’ampliamento dell’offerta formativa con le condizioni previste dalla norma.
Attesa la rilevanza sociale e le implicazioni di carattere tecnico connesse alla attuazione della nuova disposizione di cui alla lettera e-bis), anche in riferimento alla previgente lettera i-octies), è stato interpellato il Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca per individuarne l’ambito applicativo. L’Amministrazione interpellata ha precisato che, alla luce del combinato disposto delle lettere e-bis) e i-octies) dell’art. 15, “i contributi volontari consistenti in erogazioni liberali finalizzate all’innovazione tecnologica (es. acquisto di cartucce stampanti), all’edilizia scolastica (es. pagamento piccoli e urgenti lavori di manutenzione o di riparazione), all’ampliamento dell’offerta formativa (es. acquisto di fotocopie per verifiche o approfondimenti) rientrano nell’ambito di applicazione della lettera i-octies). Invece, le tasse, i contributi obbligatori, nonché i contributi volontari e le altre erogazioni liberali, deliberati dagli istituti scolastici o dai loro organi e sostenuti per la frequenza scolastica ma non per le finalità di cui alla lettera i-octes) rientrerebbero nella previsione della lettera e- bis) . Si citano, a mero titolo di esempio, la tassa di iscrizione, la tassa di frequenza e le spesa per la mensa scolastica”.
Sulla base dei criteri esposti devono essere, pertanto, individuate le spese detraibili nel limite massimo di spesa annua stabilito dalla norma per alunno o studente, a partire dal 1° gennaio 2015, e quelle che possono beneficiare della detrazione di cui alla lettera i-octies).  Rimane, in ogni caso, escluso dalla detrazione l’acquisto di materiale di cancelleria e di testi scolastici per la scuola secondaria di primo e secondo grado.
La Legge di Bilancio 2017 (Legge n. 232/2016) ha modificato il tetto massimo di spesa annua su cui calcolare la detrazione in commento stabilendo una spesa annua per ciascun alunno o studente per un importo pari a 564 euro per l’anno 2016, 717 euro per l’anno 2017, 786 per l’anno 2018, 800 euro per l’anno 2019. Relativamente all’anno 2016, quindi, l’importo massimo detraibile da indicare nel quadro E rigo E8-E10 codice 12 passa da 400 euro a 564 euro.
Limite di spesa per la frequenza di università

La detrazione, nella misura del 19 per cento, è calcolata sull’intera spesa sostenuta se l’università è statale. Nel caso, invece, di iscrizione ad una università non statale, l’importo ammesso alla detrazione non deve essere superiore a quello stabilito annualmente per ciascuna facoltà universitaria con decreto del Ministero dell’istruzione, dell’università e della ricerca, tenendo conto degli importi medi delle tasse e contributi dovuti alle università statali nelle diverse aree geografiche.
Con D.M. 23 dicembre 2016, n. 993, è stato individuato l’importo massimo della spesa relativa alle tasse e ai contributi di iscrizione per la frequenza dei corsi di laurea, laurea magistrale e laurea magistrale a ciclo unico delle università non statali, detraibile per l’anno 2016 ai sensi dell’art. 15, comma 1, lett. e), del TUIR. Gli importi sono distinti per area disciplinare e in base alla regione in cui ha sede l’Ateneo presso il quale è presente il corso di studio, come risulta dalla seguente tabella:

Area disciplinare corsi istruzione
NORD CENTRO SUD E ISOLE
Medica € 3.700 € 2.900 € 1.800
Sanitaria € 2.600 € 2.200 € 1.600
Scientifico-Tecnologica € 3.500 € 2.400 € 1.600
Umanistico-sociale € 2.800 € 2.300 € 1.500

Nella tabella di cui sopra sono riportate le classi di laurea, di laurea magistrale e di laurea magistrale a ciclo unico afferenti alle quattro aree disciplinari, nonché le zone geografiche di riferimento delle regioni. La spesa massima riferita agli studenti iscritti ai corsi di dottorato, di specializzazione e ai master universitari di primo e secondo livello è posta pari all’importo massimo di cui alla stessa tabella, pari a € 3.700 per i corsi e ai master aventi sede in regioni del NORD, € 2.900 per il CENTRO ed € 1.800 per il SUD e le ISOLE (circolare n. 7 del 2017 ). Agli importi va sommato l’importo relativo alla tassa regionale per il diritto allo studio. Si ricorda inoltre che gli importi in questione dovrebbero essere aggiornati entro il 31 dicembre di ogni anno con decreto ministeriale.
I medesimi limiti si applicano anche per le spese sostenute per la frequenza di corsi di perfezionamento anche se non espressamente menzionati nel citato decreto ministeriale. Nel suddetto decreto sono riportate le tabelle dei raggruppamenti dei corsi di studio per area disciplinare nonché della ripartizione delle regioni per area geografica. Peraltro, a seguito delle modifiche intervenute con la legge n. 208 del 2015, per i master privati di I e II livello, è richiesta, a partire dal 2015, solo la verifica della circostanza che i master siano attivati da istituti universitari. Conseguentemente, non è più necessario fare un confronto con corsi analoghi, per durata e struttura di insegnamento, erogate da università statali. Il limite individuato dal decreto del MIUR include anche la spesa sostenuta per il test di ammissione.
Nel caso di sostenimento di più prove di ammissione in università non statali situate in aree geografiche diverse o di sostenimento di più prove di ammissione per corsi di laurea in università non statali appartenenti a diverse aree tematiche, occorre distinguere a seconda che lo studente proceda o meno ad iscriversi ad una delle facoltà o corso per cui ha sostenuto il test. In caso di iscrizione occorrerà far rientrare le spese sostenute per i test di ammissione nel limite proprio del corso a cui lo studente si andrà ad iscrivere. Nel caso invece in cui lo studente abbia sostenuto più test di ammissione ad università non statali senza, tuttavia, iscriversi ad alcun corso, ai fini della detraibilità deve fare riferimento al limite di spesa più elevato tra quelli stabiliti per i corsi e per le facoltà per le quali ha svolto il test.
Nel limite di spesa individuato dal decreto del MIUR è compresa anche l’imposta di bollo. Per tale imposta, infatti, non è prevista esplicitamente la possibilità di sommare l’importo a quello già ricondotto nei suddetti limiti come, invece, disposto per la tassa regionale per il diritto allo studio di cui all’art. 3 della legge n. 549 del 1995 e successive modificazioni (vedi art. 1, comma 4, del D.M. 23 dicembre 2016, n. 993) (circolare n. 7 del 2017).
Altri corsi e spese per i quali spetta la detrazione
Corsi telematici, a condizione che siano tenuti da istituti di istruzione secondaria o universitaria, sia statali che privati (risoluzione n. 6/E del 2007). Le spese per i corsi di laurea svolti dalle Università telematiche possono essere detratte, al pari di quelle per la frequenza di altre università non statali, sulla base dei criteri dettati dal D.M. 29 aprile 2016, n. 288 facendo riferimento all’area tematica del corso e, per l’individuazione dell’area geografica, alla regione in cui ha sede legale l’università (circolare n. 18 del 2016);
corso SSIS, scuola di specializzazione per l’insegnamento secondario, detraibile in quanto trattasi di corso di istruzione secondaria (risoluzione n. 77/E del 2008);
contributo versato per poter partecipare alla prova di preselezione universitaria, la cui prova è eventualmente prevista dalla facoltà alla quale lo studente intende iscriversi e costituisce una condizione indispensabile per l’accesso a corsi di istruzione universitaria (risoluzione n. 87/E del 2008);
dottorato di ricerca. Infatti, la laurea, la laurea magistrale, il diploma di specializzazione e il dottorato di ricerca sono conseguiti al termine, rispettivamente, dei corsi di laurea, di laurea magistrale, di specializzazione, di dottorato di ricerca istituiti dalle università. Il dottorato di ricerca in particolare rappresenta un titolo conseguito a seguito di uno specifico corso previsto dall’ordinamento universitario per consentire ai laureati di acquisire un grado di preparazione necessaria per svolgere attività di ricerca di alta qualificazione (risoluzione n. 11/E del 2010);
spesa per la frequenza degli istituti tecnici superiori (circolare n. 17/E del 2015);
tirocini formativi attivi. La frequenza dei Tirocini Formativi Attivi (TFA) per la formazione iniziale dei docenti istituiti, ai sensi del D.M. n. 249 del 10 settembre 2010 , presso le facoltà universitarie o le istituzioni di alta formazione artistica, musicale e coreutica. La detrazione spetta per le spese sostenute nel 2016, anche se riferite a più anni (circolare n. 7 del 2017);
mensa scolastica. In merito alle spese sostenute per la mensa scolastica la circolare n. 18 del 2016 ha effettuato una serie di precisazioni, anzitutto evidenziando che possono essere oggettivamente comprese tra quelle “per la frequenza di scuole dell’infanzia, del primo ciclo di istruzione e della scuola secondaria di secondo grado”, previste dall’art. 15, comma 1, lett. e-bis) del TUIR – e quindi detraibili – anche quando tale servizio sia reso per il tramite del Comune o di altri soggetti terzi rispetto alla scuola. Non è necessario che il servizio di ristorazione scolastica sia deliberato dagli organi di istituto essendo istituzionalmente previsto dall’ordinamento scolastico per tutti gli alunni delle scuole dell’infanzia e delle scuole primarie e secondarie di primo grado. Ai fini della detrazione, la spesa può essere documentata mediante la ricevuta del bollettino postale o del bonifico bancario intestata al soggetto destinatario del pagamento – sia esso la scuola, il Comune o altro fornitore del servizio – e deve riportare nella causale l’indicazione del servizio mensa, la scuola di frequenza e il nome e cognome dell’alunno. Se per l’erogazione del servizio è previsto il pagamento in contanti o con altre modalità (ad esempio, bancomat) o l’acquisto di buoni mensa in formato cartaceo o elettronico, la spesa potrà essere documentata mediante attestazione, rilasciata dal soggetto che ha ricevuto il pagamento o dalla scuola, che certifichi l’ammontare della spesa sostenuta nell’anno e i dati dell’alunno o studente. Tale attestazione, rilasciata dalla scuola o dal soggetto erogatore del servizio di mensa, rientra nell’ambito della previsione di esenzione dall’imposta di bollo di cui all’art. 5, comma 1, della Tabella annessa al D.P.R. n. 642 del 1972.  Il medesimo documento di prassi precisa, inoltre, che anche l’istanza presentata dal genitore per la richiesta dell’attestazione è esente dall’imposta di bollo. Sui documenti rilasciati in esenzione dal pagamento del tributo di bollo è necessario indicare l’uso per il quale gli stessi sono destinati. La detrazione spetta al genitore al quale è intestato il documento comprovante la spesa; nel caso in cui il documento sia intestato al figlio, la detrazione spetta ad entrambi i genitori nella misura del 50 per cento ciascuno. Considerato, tuttavia, che ai fini della detrazione è necessario che gli oneri siano rimasti effettivamente a carico del contribuente, nel caso in cui la spesa sia stata sostenuta da uno solo dei genitori o da entrambi in percentuali diverse dal 50 per cento, nel documento comprovante la spesa deve essere annotata la percentuale di ripartizione della spesa medesima (circolare n. 18 del 2016).
Sono detraibili le spese sostenute per i servizi scolastici integrativi, quali l’assistenza al pasto e il pre e post scuola; ciò in quanto tali servizi, pur se forniti in orario extracurricolare, sono di fatto strettamente collegati alla frequenza scolastica. Diverso parere è espresso, invece, per quanto riguarda la detraibilità delle spese relative al servizio di trasporto scolastico, anche se fornito per sopperire ad un servizio pubblico di linea inadeguato per il collegamento abitazione-scuola. Infatti, consentire la detraibilità delle spese di scuolabus risulterebbe discriminatorio rispetto a chi, avvalendosi dei mezzi pubblici, non avrebbe diritto ad alcuna agevolazione (risoluzione n. 68 del 2016).
La detrazione spetta anche per le gite scolastiche, per l’assicurazione della scuola e ogni altro contributo scolastico finalizzato all’ampliamento dell’offerta formativa deliberato dagli organi d’istituto (corsi di lingua, teatro, ecc., svolti anche al di fuori dell’orario scolastico e senza obbligo di frequenza). Se le spese sono pagate alla scuola, i soggetti che prestano l’assistenza fiscale non devono richiedere al contribuente la copia della delibera scolastica che ha disposto tali versamenti. La delibera va richiesta, invece, nel caso in cui la spesa per il servizio scolastico integrativo non sia sostenuta per il tramite della scuola, ma sia pagata a soggetti terzi (ad es: all’agenzia di viaggio) (circolare n. 7 del 2017).
Divieto di cumulo
La detrazione non è cumulabile con quella prevista dall’art. 15, comma 1 , lett. i-octies) del TUIR per le erogazioni liberali a favore degli istituti scolastici. Tale incumulabilità va riferita al singolo alunno.
Il contribuente che ha un solo figlio e fruisce della detrazione in esame non può fruire anche di quella prevista per le erogazioni liberali. Il contribuente con due figli se per uno di essi non si avvale della detrazione per le spese di frequenza scolastica può avvalersi della detrazione per le erogazioni liberali di cui al citato art. 15, comma 1, lett. i-octies) del TUIR (circolare n. 7 del 2017).

Redditi PF 2017
RIGO da RP8 a RP13 del modello REDDITI  PF 2017

730/2017
RIGO da E8 a E10 DEL MODELLO 730/2017 

 

LE NOVITA’ D.L. 50/2017 IN MATERIA DI VISTO DI CONFORMITA’

Per effetto dell’entrata in vigore del decreto 50/2017 (la cosiddetta Manovra Correttiva 2017), sono cambiate, ai fini della compensazione, le disposizioni per il visto di conformità 2017 sui crediti IVA, IRPEF, IRAP e IRES.
Il visto di conformità (c.d. visto leggero) è una sigla che deve essere apposta dai soggetti autorizzati sulle dichiarazioni dei professionisti che intendono fruire delle compensazioni effettuate tra crediti e debiti di diversa natura, se oltre una certa soglia.
Tale adempimento, prima previsto solo per i crediti IVA, è diventato obbligatorio anche per le compensazioni relative alle imposte sui redditi e addizionali, alle ritenute alla fonte, alle imposte sostitutive e all’IRAP.
Dal 25 aprile 2017 è entrato in vigore il nuovo limite ai crediti con obbligo di visto di conformità, che passa dagli attuali 15.000 euro a 5.000 euro, aspetto rilevante ai fini della copertura assicurativa.
In base a questa novità, tutti i contribuenti che intendono compensare un eventuale credito IVA, IRPEF, IRAP e IRES, dovranno obbligatoriamente richiedere l’apposizione del visto sulla propria dichiarazione.
Una nota: Sono state espresse alcune perplessità sulla data di decorrenza del provvedimento. Poiché il D.L. 50/2017 non precisa nulla a tale proposito, è ritenuto comunemente che l’efficacia possa decorrere immediatamente.

Nuovi obblighi per le attività di “compro oro”

26 MAGGIO 2017

Dopo aver superato l’esame delle competenti commissioni parlamentari, ha incassato anche il via libera definitivo del Governo il decreto legislativo che introduce una nuova disciplina per l’attività dei “compro oro”. Il provvedimento – emanato in attuazione dell’art. 15, comma 2 , lettera l), della legge 2 agosto 2016, n. 170 – prevede in particolare:
1. un’attività di monitoraggio del settore, al fine di contrastare le attività criminali nonché i rischi di riciclaggio riconducibili alle attività di compravendita di oro e oggetti preziosi non praticate da operatori professionali;
2. la previsione dell’obbligo, in capo ai titolari di attività di “compro oro”, di effettuare determinati adempimenti finalizzati a garantire la piena tracciabilità della compravendita e permuta di oggetti preziosi. Tra questi, l’istituzione di un apposito conto corrente;
3. l’istituzione di un registro degli operatori “compro oro” professionali, che dovranno munirsi di una licenza di pubblica sicurezza;
4. l’obbligo per gli operatori professionali in oro diversi dalle banche, di iscriversi in tale registro;
5. la previsione di specifici obblighi di identificazione del cliente e di descrizione, anche mediante documentazione fotografica, dell’oggetto prezioso scambiato;
6. la piena tracciabilità delle operazioni di acquisto e vendita dell’oro;
7. apposite sanzioni per l’esercizio abusivo dell’attività;
8. l’abbassamento da 1.000 a 500 euro della soglia per l’uso del contante per le attività del settore.

La detrazione degli interessi passivi sui mutui

Beneficiano della detrazione Irpef del 19% le spese sostenute nell’anno 2016 per interessi passivi, oneri accessori e quote di rivalutazione dipendenti da clausole di indicizzazione, per mutui ipotecari contratti a partire dal 1998 per:

  • la costruzione di un’unità immobiliare da adibire ad abitazione principale;
  • interventi di ristrutturazione edilizia di cui all’articolo 3, comma 1, lettera d), D.P.R. 380/2001, ovvero “gli interventi rivolti a trasformare gli organismi edilizi mediante un insieme sistematico di opere che possono portare ad un organismo edilizio in tutto o in parte diverso dal precedente. Tali interventi comprendono il ripristino o la sostituzione di alcuni elementi costitutivi dell’edificio, l’eliminazione, la modifica e l’inserimento di nuovi elementi ed impianti”.

 

Per poter usufruire della detrazione in questione è necessario che vengano rispettate alcune condizioni, quali:

  • l’unità immobiliare che si costruisce deve essere quella nella quale il contribuente o i suoi familiari intendono dimorare abitualmente;
  • per i mutui contratti fino al 31/12/2007 la stipula doveva avvenire non oltre i 6 mesi, antecedenti o successivi alla data di inizio dei lavori di costruzione; i mutui successivi a tale data dovranno essere stipulati non oltre 6 mesi prima o entro i 18 mesi dopo la data di inizio dei lavori;
  • l’immobile deve essere adibito ad abitazione principale entro 6 mesi dalla data di fine lavori;
  • il contratto di mutuo deve essere stipulato dal soggetto che avrà il possesso dell’unità immobiliare a titolo di proprietà o di altro diritto reale.

 

Pertanto si decade dal beneficio se:

  • l’immobile non viene destinato ad abitazione principale entro 6 mesi dalla conclusione dei lavori;
  • i lavori di costruzione non sono ultimati entro il termine previsto dalle autorizzazioni edilizie, fatte salve eventuali proroghe e se il ritardo nei lavori è imputabile esclusivamente all’Amministrazione per il rilascio delle abilitazioni richieste;
  • nel caso in cui l’immobile non venga più utilizzato quale abitazione principale il diritto alla detrazione degli interessi passivi, viene meno a decorrere dal periodo d’imposta successivo.

 

La detrazione del 19% spetta su un importo massimo di € 2.582,28: nel caso di contitolarità del contratto di mutuo o di più contratti di mutuo, il limite si riferisce all’ammontare complessivo degli interessi (oneri o quote di rivalutazione) sostenuti.

La detrazione spetta in proporzione all’importo del mutuo effettivamente utilizzato per la costruzione o la ristrutturazione: quindi, ad esempio se il contribuente ha sostenuto spese per € 75.000, inferiori all’ammontare del mutuo concesso, che ipotizziamo pari a € 150.000, potrà beneficiare della detrazione solo per il 50% degli interessi e degli oneri accessori sostenuti nell’anno, sempre nel limite massimo agevolabile di € 2.582,28.

La circolare AdE 17/E/2006 ha chiarito che l’eventuale spesa per l’acquisto del suolo su cui l’immobile viene costruito, non rientra tra le spese per le quali sia possibile beneficiare della detrazione per gli interessi passivi.

La detrazione spetta al soggetto intestatario del contratto di mutuo; in caso di più intestatari ognuno potrà fruire della detrazione in base alla propria quota.

Sul punto l’Agenzia delle Entrate nella circolare 11/E/2014 ha precisato che nel caso di mutuo contratto per la costruzione dell’abitazione principale, la quota di interessi del coniuge fiscalmente a carico non può essere portata in detrazione dall’altro coniuge.

Il contribuente, per usufruire della detrazione in esame deve aver assolto agli obblighi previsti dalla normativa edilizia e deve conservare la seguente documentazione:

  • fatture o ricevute comprovanti l’effettivo sostenimento delle spese per la costruzione dell’immobile. La circolare 13/E/2013 ha chiarito che nel caso di mutuo per la costruzione dell’abitazione principale intestato al 50% fra i due coniugi, per un immobile di proprietà al 50%, se la documentazione di spesa è tutta intestata ad uno solo dei coniugi, la detrazione può essere comunque fruita da entrambi i coniugi attestando sulle fatture giustificative che le spese di costruzione sono state sostenute al 50% da ciascuno;
  • quietanze di pagamento degli interessi passivi;
  • copia del contratto di mutuo, dal quale deve risultare che il mutuo garantito da ipoteca sull’immobile è stato concesso per la costruzione o ristrutturazione dell’abitazione principale.

 

Per quanto riguarda il requisito dell’abitazione principale rilevano:

  • le risultanze dei registri anagrafici, oppure
  • l’autocertificazione effettuata ai sensi del D.P.R. 445/2000, con la quale il contribuente può attestare anche che dimora abitualmente in luogo diverso da quello indicato nei registri anagrafici.

 

Infine, nel caso di mutui misti destinati all’acquisto e alla ristrutturazione dell’immobile da adibire ad abitazione principale, la circolare 20/E/2011 ha precisato che il contribuente può produrre una dichiarazione sostitutiva di atto di notorietà, ai sensi dell’articolo 47, del D.P.R. 445/2000, nella quale si attesti quale somma sia imputabile, ai fini agevolativi, all’acquisto dell’abitazione e alla ristrutturazione.

Regime di cassa per le imprese in contabilità semplificata

Diffusa la circolare con i primi chiarimenti

Debutta il principio di cassa per determinare la base imponibile ai fini IRPEF e IRAP delle imprese in contabilità semplificata. A partire dal periodo d’imposta 2017, il reddito delle imprese minori sarà calcolato facendo riferimento ai ricavi effettivamente incassati nell’anno e ai costi effettivamente pagati. Con la circolare n. 11/E del 13 aprile 2017, vengono illustrate le modifiche apportate dalla legge di bilancio 2017 al regime di determinazione del reddito riservato ai soggetti in contabilità semplificata.

A chi si applica il nuovo regime

Sono ammessi alla contabilità semplificata le persone fisiche che esercitano imprese commerciali ai sensi dell’articolo 55 del TUIR, le società di persone, gli enti non commerciali, le società di fatto che nell’anno precedente non hanno superato 400.000 € di ricavi, se svolgono attività di prestazioni di servizi o 700.000 €, se svolgono altre attività. I soggetti che intraprendono l’esercizio di impresa commerciale, qualora ritengano di percepire ricavi annui non superiori alle soglie indicate, possono tenere la contabilità semplificata già dal primo anno.

La determinazione del reddito per “cassa”

Le imprese minori che applicano il regime di contabilità semplificata dovranno determinare il reddito imponibile come differenza tra l’ammontare dei ricavi (di cui all’articolo 85 del TUIR) e degli altri proventi (di cui all’articolo 89 del TUIR) percepiti nel periodo di imposta e l’ammontare delle spese sostenute nel periodo stesso. Questi ricavi e proventi concorrono alla formazione del reddito d’impresa all’atto dell’effettiva percezione ovvero secondo il criterio di cassa. Tuttavia, continuano a concorrere alla formazione del reddito secondo le regole ordinarie previste dal testo unico i componenti reddituali (positivi e negativi) la cui disciplina è espressamente richiamata dall’art. 66 del TUIR. Si tratta sia di componenti che partecipano alla determinazione del reddito “per competenza” (come, ad esempio, ammortamenti, canoni di leasing, plusvalenze e minusvalenze) che ordinariamente “per cassa” (come, ad esempio, interessi di mora).

Rimanenze finali, ok alla deduzione

Nel primo anno in cui si applica il regime di cassa, le imprese minori possono dedurre integralmente le rimanenze finali che hanno contribuito a formare il reddito dell’esercizio precedente secondo il principio della competenza. Il passaggio dal criterio di competenza a quello di cassa prevede, quindi, la rilevanza nel 2017, come componente negativo, dell’intero importo delle rimanenze finali 2016.

Criterio di cassa anche per l’IRAP

La legge di bilancio 2017 è intervenuta anche sulle modalità di determinazione della base imponibile Irap delle imprese minori.

Per questi soggetti, il valore della produzione netta è calcolato applicando le stesse regole previste per la determinazione dell’imposta sul reddito.

Come per l’IRPEF, tutti i componenti che hanno già concorso alla determinazione del reddito, in base alle regole del regime adottato prima del passaggio a quello nuovo, non assumono rilevanza nella determinazione della base imponibile ai fini IRAP degli esercizi successivi.

I nuovi obblighi contabili

Per adeguarli al nuovo regime di cassa, la legge di bilancio 2017 ha riorganizzato anche gli adempimenti contabili delle imprese minori.

In particolare, il nuovo articolo 18, riformando la disciplina precedente, prevede che, ai fini contabili, le imprese minori possono scegliere di:

a) istituire appositi registri degli incassi e dei pagamenti, dove annotare in ordine cronologico, rispettivamente, i ricavi incassati e i costi effettivamente sostenuti. In questo caso tali registri coesistono con i registri IVA, ove obbligatori;

b) utilizzare, come in passato, i registri IVA anche ai fini delle imposte sul reddito, annotando separatamente le operazioni non soggette a registrazione ai fini IVA ed effettuando, nel contempo, le annotazioni necessarie a dare rilevanza ai mancati incassi e pagamenti nell’anno di registrazione del documento contabile ai fini IVA;

c) utilizzare i registri IVA anche ai fini delle imposte sul reddito, esprimendo una specifica opzione che consente loro di non annotare su tali registri gli incassi e i pagamenti. In tal caso opera una presunzione assoluta, secondo cui il ricavo si intende incassato e il costo pagato alla data di registrazione del documento contabile ai fini IVA. Resta fermo l’obbligo di separata annotazione delle operazioni non soggette a registrazione ai fini IVA.

Nelle ipotesi a) e b) le registrazioni dovranno essere eseguite non oltre 60 giorni dalla data dell’incasso del ricavo o dal pagamento della spesa, mentre i componenti positivi e negativi diversi da quelli che concorrono alla determinazione del reddito con il criterio di cassa devono essere annotati entro il termine di presentazione della dichiarazione dei redditi.

Regime di cassa: dentro o fuori

Il regime di cassa rappresenta il regime naturale delle imprese in contabilità semplificata; non è necessario, quindi, inoltrare alcuna comunicazione all’Amministrazione finanziaria. Possono scegliere di applicare il regime di cassa anche i forfettari che, in tal caso, devono esprimere una specifica opzione. L’uscita dal regime di cassa avviene per superamento dei limiti previsti dal comma 1 dell’articolo 18 del D.P.R. n. 600 del 1973, ovvero esercitando l’apposita opzione per il regime di contabilità ordinaria. (comunicato stampa Agenzia delle entrate del 13 aprile 2017).